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Cartoline da… Parigi

Olà, ecco i parigini che sono rientrati a casa e in vena di chiacchiere. Strano perché in genere tendo a essere troppo sintetico…

Questa volta sarete pazienti, il resoconto è lunghissimo e costellato di foto. Devo ammettere che mi sono fatto prendere la mano ma che volete fare, i ricordi sono ricordi e vanno coltivati. Abbiamo trovato una città molto cambiata dall’ultima volta che l’abbiamo visitata. C’è aria di crisi anche in Francia nonostante la vita sia sempre molto cara. La città è rimasta però bellissima… e vale la pena risparmiare qualche soldo per visitarla. Andateci anche solo per assaggiare i croissant da Hermé. Solo questo vale il viaggio. 

 

23 Agosto – “Non ci posso credere, sono a Parigi”

Sveglia alle 3:00, una goduria da non ripetere. Si parte per l’aeroporto di Pisa dopo qualche vicissitudine con una valigia.
Il viaggio in macchina scorre tranquillo (se escludiamo qualche mio mugugno). Siamo soli per strada.
Tutto fila liscio fino al metal detector. Non ho cintura, coltelli, mitra d’assalto o roba del genere. Nemmeno una bombettina, l’ho dimenticata a casa. Non è di questo avviso l’agente che mi perquisisce a modino sotto gli occhi spalancati di Matilde. Ilaria invece aveva nascosto (a mia insaputa!) due razzi anticarro dentro i tacchi (a spillo) delle scarpe. Brava! Ma l’hanno beccata. Più bravi loro.
Si vola in orario, si atterra in orario. Non male.
La metropolitana è come l’ho lasciata 10 anni fa. Puntuale, puzzolente, affollata.
Gente strana ci circonda. Si parla indiano, spagnolo, tedesco, giapponese. E i francesi?
Nel brusio poliglotta sale a bordo un tizio che sembra uscito dal musical “Due marinai e una ragazza”. Tira fuori un megafono nazionalista e dopo un “Vive la France” a tutto volume ci allieta il viaggio cantando e farneticando cose su Sarky e Carly. La Mati è ammutolita e stupita. I suoi occhi brillano. Sta registrando.
L’Hotel Ibis a Montmartre non è niente male. La camera è piccola e ha una stupenda vista panoramica sul cimitero monumentale. Almeno non ci saranno schiamazzi notturni (in caso contrario saremmo noi a schiamazzare!). In men che non si dica ci troviamo seduti in una brasserie e di fronte a un pollo con riso, una fettina al sangue e una mozzarella con pomodoro disquisiamo sul da farsi di lì a poco.  

Ci fiondiamo letteralmente verso la funicolare che ci porta al Sacro Cuore. Parigi dall’alto sembra una melma grigiastra che si confonde con un cielo che non promette niente di buono. Comunque fa caldo. Lo zaino pesa qualche kg di troppo e stramaledico il cavalletto e la damigiana d’acqua che mi sto portando dietro.
La Mati ha ripreso vigore, ha sete per la 100esima volta. Diamo da bere agli assetati, Ilaria consulta la cartina (per la 100esima volta) e ripartiamo.

Ci dirigiamo verso Les Invalides mentre Ilaria cerca di spiegare alla Mati che Napoleone è morto da 200 anni (e non abita a Parigi) e che il babbo nel 1800 ancora non era nato (e quindi non l’ha conosciuto).
Qualche foto e si riparte.  

Ci dirigiamo verso la Madeleine che con grande sorpresa troviamo addobbata con coloratissimi fiori! Cena sulle scalette dell’Opéra Garnier a base di involtini cinesi, ravioli al vapore e sbuffi all’aglio. Idea geniale, eh! 

Le gambe si lamentano, mi sembra di avere due pezzi di legno ma ormai la lunga giornata è finita e ci trasciniamo fino alla metro. Rientriamo in albergo belli cotti. Doccia, pigiama e a letto. La Mati e la sua coccinella Nena, dopo un flebile “non ci posso credere, sono a Parigi!”, si addormentano di colpo (come fanno?). A me scorrono davanti le migliaia di persone che abbiamo incrociato… lentamente mi addormento mentre Ilaria sta pianificando l’indomani fra cartine e inutili guide che nei prossimi giorni ci daranno informazioni del tutto errate.

 

24 Agosto – “Allons enfants de la patrie”

Sveglia alle 8 e partenza per un bel tour ma non prima di aver assaggiato i croissant francesi. Ci fermiamo vicono a Nôtre Dame. Il café au lait è quanto di peggiore abbia mai assaggiato in vita mia. Un vero schifo. Sembra acqua sudicia e maleodorante. Il croissant invece è buono, profumato, fresco. A pancia piena partiamo per la visita della cattedrale. Uno stuolo di giapponesi invade la piazza. Ma quanti sono? Se si mettono in fila prima di noi entriamo domani. Corriamo e arriviamo prima di loro. Cavolo, i giapponesi sono tutti uguali. Piccoli, capelli neri, occhi a mandorla, gambe storte “(( ))” e con la macchina fotografica al collo… nell’incertezza guardate mentre si fotografano: se fanno faccine idiote e dita a V sono proprio giapponesi. Che strano popolo, un giorno andrò io a visitare il loro paese e farò io faccine idiote e dita a V. Così saremo pari.
Abbiamo acquistato due ticket Paris Museum Pass da due giorni così possiamo scorrazzare quanto vogliamo per musei e monumenti senza perdere tempo in inutili file.

notre dame parigi

La Cattedrale è bellissima e Ilaria racconta alla Mati la storia di Quasimodo e Esmeralda. Siamo affascinati da questo luogo e ci aspettiamo di vedere il gobbo sbucare da qualche angolo buio. Ma non è così, sbucano solo altri giapponesi nani senza gobba. Usciamo e tentiamo la scalata al campanile della cattedrale, ma la coda è interminabile. Quindi scappiamo a visitare la cripta (più che una cripta sono scavi archeologici di antiche terme romane).

Poi facciamo tappa alla Saint Chapelle, a noi sconosciuta e inaspettatamente bella. Di corsa al Pantheon dove in mezzo alla chiesa troneggia l’esperimento di Foucault. Faccio bella mostra di me spiegando a una turista a cosa serve e come funziona quel pendolo gigantesco rispolverando gli studi universitari… e dopo vari tentativi (inutili peraltro… la tizia pensa che il pavimento sotto il pendolo ruotasse… il pavimento solo!!!) mi arrendo perché rischio anche io di portarmi appresso tutto il giorno un pendolo di altra natura. Saliamo sulla cupola e facciamo tante foto, riscendiamo e visitiamo la cripta (vera questa volta) con tombe di illustri personaggi. 

Pantheon parigi

Pendolo pantheon parigi

Pranzo ai giardini di Lussemburgo (dove non riusciamo a trovare la Statua della Libertà… peraltro appena cercata con lo sguardo… e chi ce la faceva più a camminare) con baguette al sacco e una eclair strepitosa a testa. Ilaria si commuove di fronte a tanta bontà al cioccolato. Ritorniamo a Nôtre Dame driblando decine di agenti (forse sono giapponesi travestiti?) sparsi per la città. Mai visto un tale dispiegamento. Effetto Libia? Saliamo sul campanile, ammiriamo la città che oggi è luminosa grazie a un sole radioso, guardiamo le garguglie e un po’ ci terrorizziamo a vicenda imitando le loro boccacce (e poi parlo male dei giapponesi). Beviamo litri d’acqua e aspettiamo il nostro turno per salire più in alto.
Mi sento un po’ Quasimodo ingobbito dal peso dello zaino. Per ingannare l’attesa mimo il gobbo alla Mati che se la ride. Ilaria non approva e mi richiama all’ordine. Neanche il gruppetto di giapponesine dietro di me approva. Capito… ma cosa vogliono? Io adoro il Giappone, adoro il loro cibo, i loro costumi, la loro coesione, il loro essere popolo unito nel bene e nel male. Proprio come noi italiani, non è vero? Ma talvolta mi domando se hanno gli specchi di legno a casa per poter ridere di me-gobbo-quasimodo 🙂 

Garguglia di notre dame

vista da notre dame parigi

Ci dirigiamo verso il Louvre… La Mati vuole vedere La Gioconda e fa domande in continuazione.”Esiste? E’ viva? Come si chiama? Perché sorride? Cosa fa di lavoro?” e nessuna risposta vale più del suo religioso silenzio di fronte al quadro. Senza parole. Ipnotizzata. 

La gioconda louvre

Poi è il mio turno: La Venere di Milo mi abbraccia e mi rapisce. Quasi mi commuovo. 

Venere di Milo louvre

E poi sono Amore e Psiche che si impossessano di Ilaria.

Amore e psiche

Cerchiamo affannosamente le mummie perché la Mati è nel periodo della scoperta della morte, quindi dobbiamo esorcizzarla in qualche modo. Purtroppo al Louvre ce n’è solo una, ma basta a far calare il silenzio tanto è “brutta”.

L’ultima tappa del giorno è all’Arco di Trionfo. Ovviamente saliamo in cima (dovremo pur sfruttare a fondo i nostri ticket!!), facciamo foto, scrutiamo la città di notte. E’ bellissima.

Un brivido mi corre lungo la schiena… comincia a far freddo. Ormai siamo finiti alle barbe, non abbiamo più neanche il fiato per lamentarci (ovvero… tutti tranne una… lascio a voi indovinare chi). Rientrati all’albergo i giapponesi sono solo un lontano ricordo e ci addormentiamo sulle note della Marsigliese “Allons enfants de la patrie” da me intonate (o storpiate, come preferite).

Ah, la cena è purtroppo da dimenticare. 

 

25 Agosto – “Dov’è il quadro con la cacca”

Follia pura. Il Paris Museum Pass da 2 giorni è una pazzia. Devi vedere una valanga di musei e monumenti in 48 ore. Vinci se li vedi tutti. Noi, ovviamente abbiamo perso miseramente nonostante le centinaia di km macinati fra scarpe e rotaie. Senza dimenticare lo zaino pieno d’acqua, la macchina fotografica nuova, il cavalletto, le felpe, il cambio completo per la Mati (potrebbe infilare in una fontana in un batter d’occhio), la seconda felpa per l’Ilaria che ha sempre freddo, due o tre generi di prima sopravvivenza quali biscotti e wafer, un marsupio blindato e due donne (una grande e una piccola) appresso che in maniera alternata e a volte contemporaneamente mettono il muso ad ogni cazzata che dico (o che fanno). E marò! Metteteci pure una mandria di visitatori che ti travolge, una guida con l’iPad (li mortacci, a che serve l’iPad con le foto della stanza? Non basta alzare la testa per vedere gli affreschi?), il caldo, chi ti pesta i piedi, chi scavalca la fila all’ingresso e passa avanti (ora lo fulmino), chi ha sete, chi ha fame, chi vuole vedere la stanza del re e della regina, chi come me vuole scappare all’aria aperta e respirare aria pulita! Questo per spiegarvi il viaggio e la visita alla Reggia di Versailles. Però la reggia è bellissima. I giardini sono meravigliosi. I bagni un po’ meno… 

 

Lasciamo la reggia, prendiamo la RER e ci fiondiamo verso il centro Pompidou. Non siamo amanti dell’arte moderna, io per lo meno non ci capisco un cavolo. Alcune opere possono piacermi, altre sinceramente per me sono solamente oggetti incomprensibili. Ma lo ammetto, sono ignorante come un caprone in materia. L’unica ragione perché siamo qua è per vedere il famoso quadro fatto con lo sterco, la paglia e la terra. Ho fatto l’errore di raccontare alla Mati di aver visto questa meraviglia puzzolentissima qualche anno fa. Volete un consiglio? Non parlate mai di cose schifose ai vostri figli, vorranno vederle o peggio, assaggiarle. Purtroppo il quadro fetido non è più lì e la Mati si deve rassegnare. 

Per farci perdonare la mancata visione con profumo annesso del cacca-quadro ci dirigiamo verso la Villette, al museo delle scienze. Personalmente sono rimasto terribilmente deluso da questo luogo; avevo un ottimo ricordo di questa struttura dopo averla visitata ai tempi del liceo: esperimenti da fare, oggetti da provare, macchinari da analizzare. Forse sono passati troppi anni, forse quando si hanno 18 anni il mondo è tutto bello… sta di fatto che buona parte dell’edificio è in manutenzione, un terzo delle attrazioni sono fuori uso, una buona parte sono documentari o roba simile (rigorosamente in francese/inglese e qui posso decisamente dire che “OO”), i restanti sono attrazioni noiose e incomprensibili. Comunque, questo è il pensiero mio e di Ilaria. Matilde si è invece divertita e ha trovato il posto di suo gradimento. 

Usciti da qui già abbastanza fusi facciamo tappa al Museo D’Orsay a vedere i quadri impressionisti tralasciando il resto. Semplicemente meravigliosi.

La giornata è quasi finita, vorrei vedere il mondo al rovescio perché vorrei camminare con le mani. Abbiamo fame, ci fermiamo a cena in una brasserie dopo aver percorso la stessa strada per tre volte cercando non so cosa. Io prendo formaggi ed escargots, Ilaria pomodoro e mozzarella (tanto per cambiare), Matilde insalata di pollo.

La schiena fa male, lo zaino è sempre lì seduto accanto a me che mi guarda minaccioso. La cameriera sembra Ilary Blasi. Con questo pensiero mi abbandono al mondo dei sogni, non ricordo più se sono già in albergo oppure ancora a cena. Forse i miei due angeli custodi femmina mi hanno portato in camera volando.

 

26 Agosto – “Piove, non piove”

Le previsioni mettono acqua a catinelle e alle 7 del mattino minacciosi tuoni non promettono niente di buono. Rinunciamo a Eurodisney per oggi (la Mati mugugna per mezz’ora). Quindi ci prendiamo una giornata di allenamento defaticante. Giriamo alla ricerca qualcosa da fare e da vedere. La guida dice di andare a fare colazione a Notre Dame da Calixte. Ovviamente non troviamo il posto all’indirizzo riportato nella guida e qualcuno mette il muso. Al numero civico indicato troviamo un negozio di bigiotteria. Se vuoi compriamo due paia di orecchini e un bracciale per me. No. Ok.

E nell’intorno di 200 metri nemmeno l’ombra di quel posto. Grande guida!! Facciamo colazione qui. No. Sì. Fai come vuoi. Ok, qui. Muso. Evvai. 100 punti a me (per la cronaca il Calixte citato dalla guida si trova qui mentre noi eravamo precisamente qui)

Decidiamo di salire sulla torre di Montparnasse, 207 mt (in ascensore saliamo in 38”, serve la decompressione). Bella vista da lassù e nessun giapponese in zona. 

Scendiamo con calma e seguendo le istruzioni della guida (siamo ostinati) ci dirigiamo verso il centro Pompidou per pranzare in una brasserie consigliata. Arrivati di fronte al ristorante la vista di quelle sedie mi fa venire l’orticaria. Nemmeno nei miei peggiori incubi avrei disegnato delle sedie in quella maniera: monoliti di ferro arrugginito impossibili da spostare. Tavolini di fronte rotondi. Per mangiare in tre ci vogliono due tavolini e quattro sedie. Geniale. Comunque ci sediamo. Prendiamo il menù e due secondi dopo siamo già fuori con il cameriere che grida “dejà mangié?”. Bel consiglio, ottima guida, arredamento impeccabile. Ci fermiamo 50 mt indietro alla brasserie Paris Boubourg. Mangiamo bene. Per me zuppa di cipolla a 50000°C, filetto al sangue con cipolla, burro e prezzemolo. Petto di pollo per Ilaria e Matilde.

Non piove. Babbo non piove. Lo so Mati, però potrebbe piovere.

Ci muoviamo alla velocità di una tartaruga. Le due signorine stanno a 50 mt da me per via dell’alito alla cipolla. Dicono non sia gradevole ma io gli voglio bene uguale anche se mi ghettizzano.

Piano piano girelliamo per la città scaldati di tanto in tanto da un pallido sole (non piove, cazzo, non piove, così domani sarà bellissimo). Ci dirigiamo da Stohrer una delle pasticcerie più antiche e blasonate della città. Prendiamo un eclair e una tortina con i lamponi. A noi non sono piaciute molto, ai piccioni del parco sì.

Troppo dolce la glassa, la crema al cioccolato ha un retrogusto di amaretto che proprio non gradiamo. La crema della tortina farinosa. Boh.

Si accettano battute sulla foto

Seguendo le indicazioni della guida ci dirigiamo in via Dante alla ricerca della libreria Gourmande. Ovviamente la libreria non è lì, ma in rue de Montmartre. La guida, se a qualcuno interessa, è in fondo alla Senna. Recuperatela e regalatela ad un vostro nemico. Per ripiego visitiamo piazza Vendome dove c’è l’hotel Ritz: la Mati attende che una principessa bionda elegantissima esca dalla hall, invece esce fuori una specie di scaricatore di porto in jeans stinti con un pacchetto di sigarette in mano coperto in parte da una fruit bianca con le maniche arrotolate e con accanto due zeppe di 20 cm con sopra qualcosa che assomiglia a un’enorme patata con indosso un lenzuolo con un buco per un’altra patata a forma di testa e con una cintura a metà così l’uomo capisce da che verso si gira.

“Ila, ma avevi detto che qui ci vengono a dormire le principesse”. Ops… tutti sbagliano!

“Quella potrebbe essere una principessa”.

“Sie, fa schifo quella. Le principesse sono belle”.

“E’ sicuramente più ricca di noi”.

“Ma non è una principessa… e noi siamo più belli”.

Come darle torto?

Rincariamo la dose: “Avete visto che non è piovuto?”.

“Tranquilla, domani sarà bellissimo, l’ho letto sulla guida prima di lanciarla!”.

 

27 Agosto – “Piove, piove”

Governo ladro che freddo. Meno male abbiamo impermeabili e vestiti di ricambio. Piove. Ma non una pioggerellina. PIOVE.

“Ve l’avevo detto… dovevamo venire ieri all’Eurodisney”. Vero. Colpa della guida 🙂

Sembra novembre. Certo che costruire l’Eurodisney a Parigi sarà strategico per la posizione, ma il clima è un vero schifo. Quando ero studente universitario, per guadagnare qualche lira, collaboravo con un’agenzia di viaggi e spesso venivo a Parigi. Ho sempre trovato un clima uggioso e piovigginoso. Vabbè.

Il parco è rimasto uguale a 10 anni fa, nessuna attrazione nuova, prezzi stratosferici, poche persone, mangiare escrementizio… beh, meno male che abbiamo anche il biglietto per gli Studios (il parco adiacente). Giriamo tutte le attrazioni, qualcuna anche due volte, Space Mountain Mission 2 compreso.

Usciamo praticamente alle 22, fradici, congelati ma felici di aver visto la Mati tutto il giorno con il sorriso stampato.

 

28 Agosto – “300 metri”

Oggi tocca alla Tour Eiffel, ovviamente saliamo a piedi. L’ascensore è per le femminucce… oramai le nostre gambe non senton più la fatica… ma prima di intraprendere l’impresa titanica dobbiamo caricarci di energia.

Un solo nome allo scopo: Hermé. Il miglior croissant che abbiamo mai assaggiato. Lievitazione perfetta. Un profumo inebriante. Un aspetto regale ed invitante. Un gusto delicatissimo e impareggiabile. Un sogno ad occhi aperti. Un peccato di gola irrinunciabile. Secondo noi la perfezione.

“Ila, sveglia! Ila… è l’ora di andare. Sveglia!!!!!” Ma guarda questa … che sorriso … sembra una giapponesina!

No, non stava sognando. Quel croissant rimarrà il croissant per eccellenza. Per solo 1,50€ un piacere da provare.

Ottimi anche i macarones al cioccolato e al frutto della passione. Semplicemente di un altro pianeta.

Cavolo, vogliamo farli anche noi! E uguali anche!

Inizia la scalata. Un vento freddo e tagliente ci scompiglia la pettinatura. Arriviamo alla fine delle scale (669) stanchi ma non sudati. Ci mettiamo in fila per prendere l’ascensore che ci porta a 300 mt di altezza. 300 mt… wow che bello! Qui una signora spagnola ci strattona per la manica indicandoci due personaggi dietro di lei. Non capiamo una parola di spagnolo ma dai gesti sembra che quei due loschi figuri abbiano tentato di rubare dalla borsetta di sua figlia. Continua a parlarci di questa cosa per mezz’ora. Già dopo 1 minuto non ne potevo più, figuriamoci dopo 30. I due intanto si sono dileguati. Forse aveva ragione. Per fortuna arriviamo all’ascensore in fretta e la figlia è colta da un attacco di panico: soffre di vertigini e quindi il problema si sposta. Noi saliamo, la mamma logorroica anche, la figlia no. Pace. 

Anche qui, sulla torre, una volta c’erano a disposizione dei visitatori alcuni giochetti carini: uno che simulava l’aumento dell’altezza della torre dovuto alla dilatazione del metallo quando fa caldo (oggi secondo me la torre è più bassa di 2 metri…), uno che mostrava le oscillazioni dell’ammasso di ferraglia quando soffia il vento. I giochetti ci sono ancora ma non funzionano. Sono guasti e sporchi. Sì sì, è aria di crisi.

Scendiamo, pranziamo al volo (o facciamo merenda… chi ci capisce più nulla con gli orari) e andiamo verso l’Arco di Trionfo. L’idea è quella di percorrere gli Champs Elysées a piedi, raggiungere place de la Concorde e gustarci un bel gelato da Amorino. Alla piazza siamo arrivati ma non troviamo la gelateria. In compenso vediamo fontane vuote, anzi no, fontane senz’acqua e con qualche zingaro a dormirci dentro. Beh, è proprio crisi, vero Sarky? Corriamo verso la metro come saette e via al centro Pompidou dove ce n’è sicuramente una aperta (l’abbiamo vista due giorni prima…). Il gelato è buono ma soprattutto è la coreografia carina. 

Si rientra in albergo. Fingiamo di sistemare le valige perché domani si parte. Usciamo per un ultimo saluto alla città e un giro soporifero in bateaux mouches.

 

29 Agosto – “Au revoir Paris”

Non possiamo tornare a casa senza un libro di ricette francesi. La Gourmande deve essere nostra. Ci lanciamo con le valige, rovistiamo velocemente la libreria e usciamo con tre libri. Se solo avessimo avuto più tempo… sarà per la prossima volta!!!!

In aeroporto la solita scena al metal detector. Devo avere del ferro da qualche parte… di nuovo perquisizione. Questa volta mi aprono anche la valigia ma alla vista di un paio di calzini maleodoranti sfuggiti provvidenzialmente dal sacco-panni-sporchi-per-la-mamma il monsieur al controllo bagagli si schifa e in fretta e furia mi liquida con un sorriso (abbozzato) e una lacrima (vera). Cosa pensava di trovare dentro? Un giapponese armato?  

Il volo è tranquillo. La Mati ed io ce la dormiamo con bolla al naso, Ilaria fa il sudoku (ah, è una giapponese anche lei!). I vicini nei sedili dietro (già adocchiati al check-in perché hanno scavalcato metà fila passandoci avanti, per poco non li annodo ad una sedia) sono però dei gran rompiscatole, maleducati, rumorosi e i due figli iperattivi e disobbedienti. Meno male il tragitto è breve altrimenti avrei tirato fuori dal mio bagaglio a mano una bella bomba soporifera sfuggita al controllo perché nascosta nel mio calzino!

Per questa volta il pericolo bomba è scampato e anche il nostro viaggio (fortunatamente dite voi) terminato.

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